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9 maggio 1978, la morte di Aldo Moro

Il 16 marzo 1978, mentre il nuovo governo guidato da Giulio Andreotti si apprestava a ricevere la fiducia del Parlamento, la vettura che portava Aldo Moro dalla sua residenza alla Camera dei deputati fu bloccata in Via Mario Fani a Roma da un comando armato delle Brigate Rosse. In breve tempo, usando armi automatiche, i terroristi uccisero i due carabinieri nell’auto di Moro (Oreste Leonardi e Domenico Ricci) e i tre agenti di polizia nell’auto di scorta (Raffaele Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi), e rapirono il presidente della Democrazia Cristiana. Dopo 55 giorni di cattività, durante i quali le Brigate Rosse chiesero senza successo uno scambio di prigionieri con lo Stato italiano, Moro fu giudicato in un “processo politico” dal cosiddetto “tribunale del popolo” allestito dalle stesse BR, e successivamente assassinato.

brigate rosse
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Le Brigate Rosse

Le Brigate Rosse (BR), uno dei gruppi terroristici di estrema sinistra più noti in Italia, nacquero ufficialmente nel 1970. La loro formazione è spesso associata al clima di forte tensione politica e sociale che caratterizzava l’Italia in quegli anni, un periodo marcato da agitazioni studentesche, lotte operaie e un generale clima di contestazione.

L’obiettivo dichiarato delle Brigate Rosse era quello di scatenare una guerra di classe all’interno della società italiana, per rovesciare l’ordine borghese e instaurare il “potere proletario”. Le loro attività iniziarono con piccoli atti di sabotaggio e furto, ma rapidamente evolsero in una campagna di attacchi più violenti, che includevano sequestri, omicidi e attentati, principalmente contro figure ritenute simboli dello Stato e del capitalismo.

L’escalation delle loro attività negli anni ’70 contribuì a creare un clima di estremo allarme e insicurezza nel paese, culminando in eventi tragici come il sequestro e l’assassinio di Aldo Moro nel 1978. Con il tempo, l’opinione pubblica e le forze dell’ordine si schierarono in modo sempre più deciso contro il terrorismo, portando a una progressiva disgregazione del gruppo e all’arresto di molti dei suoi membri.

Dopo una prigionia di 55 giorni, durante la quale le Brigate Rosse richiesero invano uno scambio di prigionieri con lo Stato italiano, Moro fu sottoposto a un processo politico da parte del cosiddetto «tribunale del popolo», istituito dalle stesse BR, e quindi ucciso il 9 maggio. Il suo cadavere fu ritrovato quello stesso giorno nel bagagliaio di una Renault 4 rossa parcheggiata a Roma in via Michelangelo Caetani, distante circa 150 metri sia da via delle Botteghe Oscure, sede nazionale del Partito Comunista Italiano, sia da Piazza del Gesù, sede nazionale della Democrazia Cristiana.

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Assassinio di Aldo Moro

La “telefonata di Via Caetani” si riferisce a una chiamata anonima ricevuta dalla redazione del quotidiano “Il Messaggero” il 9 maggio 1978, il giorno in cui fu ritrovato il corpo di Aldo Moro. La telefonata fu fatta da una cabina telefonica situata in Via Caetani, a Roma, dove il corpo di Moro fu scoperto nel bagagliaio di una Renault 4 rossa.

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Durante la telefonata, l’anonimo comunicò al giornale la presenza della macchina con il corpo di Aldo Moro al suo interno. Questo dettaglio fu cruciale perché guidò le forze dell’ordine al ritrovamento del corpo del politico, chiudendo tragicamente i 55 giorni di sequestro che avevano tenuto l’Italia in ansia. La chiamata fu breve e concisa, e l’identità di chi telefonò non fu mai scoperta, aggiungendo un altro livello di mistero al già complesso caso Moro.

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Le lettere di Aldo Moro

Durante il suo sequestro di 55 giorni ad opera delle Brigate Rosse, Aldo Moro scrisse diverse lettere indirizzate a familiari, amici, colleghi politici e alle autorità italiane. Queste lettere, che sono diventate note come le “lettere dal carcere” o semplicemente le “lettere di Moro”, sono documenti di grande importanza storica e umana che offrono uno sguardo intimo nei pensieri e nelle emozioni di Moro durante i suoi ultimi giorni.

Contenuto delle lettere Le lettere di Moro contengono riflessioni personali, appelli politici, e analisi della situazione politica italiana dell’epoca. In esse, Moro espresse sentimenti di disperazione, rabbia e isolamento, ma anche di speranza e fede. Fece appelli disperati al governo e ai leader della Democrazia Cristiana affinché negoziassero con i suoi rapitori per la sua liberazione, una richiesta che fu tuttavia respinta seguendo la politica di “non negoziare con i terroristi”.

Impatto politico e sociale Le lettere hanno anche avuto un profondo impatto politico e sociale. Esse hanno messo in luce le divisioni interne alla Democrazia Cristiana e hanno sollevato interrogativi sulle decisioni prese dalle autorità italiane durante il sequestro. Inoltre, le lettere di Moro hanno stimolato un ampio dibattito pubblico su temi come la moralità della negoziazione con i terroristi e il ruolo delle istituzioni democratiche in situazioni di crisi estrema.

Eredità Le lettere rimangono una fonte cruciale per comprendere non solo la personalità e il pensiero di Aldo Moro, ma anche per analizzare il contesto politico e sociale dell’Italia degli anni ’70. Sono state pubblicate in varie edizioni e analizzate in numerosi studi accademici, contribuendo a mantenere vivo il dibattito sulla strategia di risposta al terrorismo e sulle sue implicazioni etiche e politiche.

redazione

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