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Gioacchino Murat nel Cilento

Gioacchino Murat fu un re particolarmente apprezzato dai napoletani, che successe a Giuseppe Bonaparte, sovrano del Regno di Napoli nominato personalmente da Napoleone.
Di Gioacchino Murat, marito della sorella di Napoleone Bonaparte, Carolina, i sudditi adorarono il carisma e allo stesso modo il re nutrì un amore incondizionato verso il territorio cilentano e i suoi abitanti. Sotto la sua guida, il regno assunse un’identità più nazionale, abbandonando il modello francese largamente incentrato sulla Feudalità.
Celebre la frase ”Qui non si muore”, pronunciata dal re in persona per elogiare la salubrità del territorio, inscritta in una targa affissa sul muretto di piazza Nicola Perrotti, fulcro di Castellabate, borgo medievale che si affaccia sulla costiera cilentana.

Fatale per il destino di Gioacchino Murat il salvataggio del corsaro Maltese Barabas, ad opera della guarnigione francese, che si insediò nel Castello di Agropoli.
I cannoni della roccaforte spararono in direzione di una nave da guerra britannica che braccava un’imbarcazione destinata al trasporto di armi e munizioni, diretta verso la Calabria. Gli inglesi, che si fecero cogliere impreparati poiché inconsapevoli dell’esistenza del contingente, si ritirarono, permettendo così al pirata di mettersi in salvo.
Nel 1815, l’ormai ex-Re di Napoli, Gioacchino Murat, sbarcò a Pizzo Calabro, anche se originariamente il suo obiettivo fu quello di riconquistare il trono partendo dalla Corsica alla volta del Cilento, ma a causa di una tempesta la flotta composta da più di duecento uomini e sei barche a vela cambiò forzatamente rotta. Si salvarono solamente due imbarcazioni, tra cui proprio quella in cui Gioacchino Murat viaggiava.
Ciò non bastò comunque a salvargli la vita, giacché il comandante una volta approdato a Pizzo di Calabria fu prontamente catturato dagli uomini del capitano borbonico Trentacapilli.

Stando a ciò che riportano diverse narrazioni, Gioacchino Murat e i suoi provarono a fuggire verso il mare, nella speranza di raggiungere la Tartana, imbarcazione comandata proprio dal corsaro Barabas, che nel frattempo era già scomparsa. Ciò facilitò la cattura dell’ex-Re di Napoli, che fu fatto prigioniero.
Dopo aver scritto un’ultima missiva d’addio a moglie e figli, Murat ordinò al plotone di esecuzione di sparargli, chiedendo però che gli venisse risparmiato il volto.
Gioacchino Murat fu uno dei pochi Re di Napoli a provare un forte sentimento nei confronti del territorio, legandosi particolarmente alla provincia di Salerno, nutrendo un amore incondizionato per il suo regno e per i suoi sudditi, che gli furono particolarmente devoti, nonostante la sua carica di sovrano ebbe vita breve.
Chissà come sarebbe andata se quel giorno la guarnigione non avesse salvato la vita al pirata maltese Barabas, riservando a Gioacchino Murat un beffardo destino.

redazione

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