
Analizzando il quadro economico di un tempo ed i comportamenti sociali nei piccoli Comuni ,si nota che l’obiettivo e quindi gli investimenti erano tutti rivolti a migliorare la qualità della vita e favorire la crescita economica e sociale locale.
Era grazie all’elevata qualità della vita che i cittadini partecipavano attivamente alla vita sociale, mediante la costruzione di comunità aperte al cambiamento ed al tempo stesso rispettose dei fabbisogni di tutti.
Parlo di un momento storico totalmente diverso dall’ attuale dove si parlava di lavoro, di crescita e di sviluppo e si condannava l’ assistenzialismo ed il clientelismo , ma soprattutto si era legati alle proprie origini e tradizioni .
In nessun momento storico si era verificata una crisi sociale ed educazionale di una portata così ampia, esaltazione delle ingiurie e calunnie con un linguaggio da censurare , troppa ignoranza impossibile confrontarsi.
La causa principale dell’ abbandono dei piccoli Comuni periferici ,sono state :da un lato le difficoltà strutturali di coltivare la terra, dall’ altro il mancato aiuto pratico alle piccole imprese del territorio , dando il via così all’ emigrazione.
Bisognava integrare il lavoro manuale con quello delle macchine, quindi renderlo meno faticoso e più redditizio,questa sinergia avrebbe impedito l’ emigrazione e dato il vero impulso allo sviluppo dell’ economia locale.
Si è tuttora in possesso di un patrimonio nazionale notevole da sviluppare, è necessaria però la collaborazione di professionisti del settore, insieme ad investimenti per le infrastrutture ed i servizi sul territorio, valorizzando le risorse umane locali e fare ricerca.
Il territorio deve essere visto come una risorsa importante da tutelare e sfruttare in maniera razionale e produttiva.
Sono pertanto necessari investimenti mirati allo sviluppo complessivo e ridurre i vincoli e le diverse figure e competenze che scoraggiano gli investimenti privati e impediscono la realizzazione di strutture essenziali per le comunità.
I cittadini e soprattutto i giovani,sono stati privati dei propri beni.
Hanno perso la fiducia nelle istituzioni ed entusiasmo di amare le proprie origini e radici culturali, con un danno sociale ed economico molto alto, per fare un ponte ci vogliono mediamente 20 anni.
Oggi è facile conquistare nuovi mercati con prodotti eccellenti e di nicchia ,superando gli standard produttivi e altri modelli produttivi basati sulla quantità e non sulla qualità.
Si è completamente chiuso un ciclo a livello mondiale, il vero cambiamento politico da cogliere sarà quello di cambiare strategia , ovvero pensare e parlare di cultura e lavoro e mettere da parte ogni forma di promesse facili e non produttive.
Abbiamo bisogno di sviluppo ma di sviluppo vero per vincere l’emorragia di forza lavoro e di cittadini dal territorio,lo sviluppo è futuro e modernizzazione contro l’ egemonia dell’arcaico e della resistenza al cambiamento strutturale.
La politica è un valore aggiunto se vuol dire confronto e crescita insieme ,superando ogni ideologia rivolta ad incoraggiare la letargia sociale e l’ emarginazione culturale per impedire il riscatto generazionale.
